Ecco cosa “pensa” il cervello di chi ha avuto esperienze pre morte, scopri i risultati del nuovo studio americano.
Un nuovo studio condotto da ricercatori della New York University (NYU) – Grossman School of Medicine, in collaborazione con 25 ospedali statunitensi e britannici, è stato pubblicato sulla rivista “Resuscitation” e svela cosa accade alla mente delle persone in fase pre-morte.
Vediamo in questo articolo lo studio dell’università americana e scopriamo cosa accade poco prima a coloro che si trovano ad affrontare l’esperienza del fine vita.
Lo studio dell’università americana
Lo studio, denominato Awareness during Resuscitation (AWARE)-II, ha seguito 567 uomini e donne che hanno subito un arresto cardiaco durante la degenza ospedaliera tra maggio 2017 e marzo 2020 negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Secondo il racconto dei pazienti che sono stati riportati in vita tramite rianimazione cardio-polmonare, è stato rilevato che, fino a un’ora dopo che il loro cuore si era fermato, questi soggetti avevano ricordi chiari di esperienze riconducibili alla morte, mostrando quindi attività cerebrale legate al pensiero.
Alcuni sopravvissuti ad un arresto cardiaco hanno riportato la propria esperienza “pre morte”, avvenuta durante la fase di rianimazione tramite RCP e in cui risultavano essere apparentemente incoscienti. Una parte di questi pazienti è stata sottoposta a monitoraggio del cervello ed è stato rilevato che quasi il 40 per cento aveva un’attività cerebrale che, dopo esser stata completamente piatta, tornava alla normalità fino ad anche dopo un’ora dall’inizio della rianimazione cardio-polmonare.
Esperienze “pre-morte” soggettive
I pazienti presi in considerazione per lo studio hanno riferito le loro esperienze pre-morte, diverse l’una dall’altra. Tali esperienze includono la sensazione di separazione dal corpo, l’osservazione degli eventi senza dolore e una valutazione più significativa delle proprie azioni e relazioni. Inoltre, secondo quanto riferito dagli esperti, queste esperienze di morte sono diverse dalle allucinazioni, dai deliri, dalle illusioni, dai sogni in quanto si ipotizza che il cervello in fase pre-morte rimuove i sistemi inibitori naturali. I risultati di questa ricerca potrebbero aprire l’accesso a nuove dimensioni della realtà, in cui il soggetto riesce ad avere chiara visione di tutti i ricordi immagazzinati dalla prima infanzia sino al momento della “morte”, che, in quei momenti vengono valutati dal soggetto secondo elevati criteri etici e secondo gli autori esso apre la porta a un’esplorazione di ciò che accade quando una persona muore.
Sam Parnia, autore dello studio e professore presso il Dipartimento di Medicina della NYU Langone Health e direttore della ricerca in terapia intensiva e rianimazione, afferma che nonostante il cervello subisca danni permanenti dopo che il cuore smette di fornirgli ossigeno, lo stesso cervello può mostrare segni di recupero elettrico per molto tempo durante una RCP. I risultati di tale ricerca, secondo il Prof. Parnia, sono di fondamentale importanza in quanto potrebbero guidare la progettazione di nuovi modi per riavviare il cuore o prevenire lesioni cerebrali. Gli autori dello studio sostengono infine che la ricerca condotta fino ad oggi non ha né dimostrato né smentito il significato delle esperienze e delle dichiarazioni dei pazienti in relazione alla morte. L’esperienza riguardante la morte merita ulteriori indagini empiriche che definiscano più precisamente i biomarcatori della coscienza clinica e che monitorino gli effetti psicologici a lungo termine della rianimazione dopo l’arresto cardiaco sul cuore e sul cervello.